Leonardo da Vinci, sommo pittore, disegnatore eccelso, ingegnere frustrato dalla mancanza di una tecnologia adeguata ai suoi sogni.
Fra le tante balzane ipotesi avanzate su di lui c’è anche che Leonardo fosse un uomo del ‘900 sbalzato, in virtù di qualche buco nel tempo, in pieno Rinascimento e che tentava di adattare le scoperte e le invenzioni dei giorni nostri alle risorse tecniche dell’epoca. Ma nel ‘500 non c’erano leghe leggere, non c’erano tessuti di poliestere, non c’erano fresatrici per produrre ingranaggi ad elevato rendimento e, soprattutto, non c’erano motori né a scoppio né elettrici e le fonti di energia erano forza di braccia, animali da tiro, ruote ad acqua e mulini a vento.
ove queste, come per i canali navigabili, bastavano, Leonardo realizza opere che segnano un deciso salto in avanti della tecnica. Occhio d’artista e cervello da scienziato gli permettono di far progredire lo studio dell’anatomia umana e di disegnare il movimento delle ali degli uccelli come in una ripresa al rallentatore, con una precisione che quattro secoli dopo viene confermata dal cinematografo.
Ed è il volo il suo grande sogno (che non abbia pensato ad alianti e mongolfiere, già realizzabili all’epoca, taglia le gambe al salto nel tempo).
Studia e collauda il paracadute, prefigura l’elicottero e, temerariamente, costruisce perfino un aeromobile ad ala battente (un ornitottero che però manda il collaudatore all’ospedale) e che abbiamo ricostruito.
Dove Leonardo prevedeva l’uso di frassino per l’asta di manovra, di canne spaccate per mantenere tesa la tela fra le nervature e della più sottile tela di lino disponibile usiamo listelli da modellismo, compensato da 1 mm e carta di seta.
L’aereo di Leonardo era una specie di slittino su cui il pilota stava in ginocchio, impugnando l’estremità dell’asta di comando da muovere in su e in giù.
Le ali, battenti, erano concave, in modo da offrire più resistenza in battere che in levare, a questo contribuiva anche la flessibilità della struttura alare, di tela sottile montata su canne.
L’ala si articolava su due “scalmi” muniti di demoltiplica, destinata, secondo l’autore, a diminuire lo sforzo del motore umano. Però dovendo il pilota sollevare se stesso, lo slittino di legno e le due ali che malgrado ogni sforzo risultavano pesantissime (dagli appunti di Leonardo si può dedurre che ogni ala pesasse una quindicina di chili, più una trentina fra slittino e scalmi, più il proprio peso), dopo quattro o cinque pompate in su e in giù perse i colpi e precipitò a terra, rompendosi le gambe ed un braccio (e gli andò ancora bene).
Nel modello proposto, l’attenzione è puntata soprattutto sugli scalmi e la demoltiplica pazientemente ricavati da listelli di tiglio e di betulla, allo scopo di mostrare come, effettivamente, il sistema diminuisca lo sforzo.
Troppo complicato sarebbe stato riprodurre nei dettagli l’ala leonardesca che infatti è realizzata in tiglio con una paletta in cui si incastrano le nove nervature, distanziandole con gli archi di compensato. L’ala quindi risulta piatta e non concava e, rivestita di carta seta, assai più rigida dell’originale. Azionando il modellino, con un’ala di circa 150 cmq, si avverte già una notevole resistenza: immaginarsi quindi lo sforzo del collaudatore che aveva a che fare con ali di 12 metri quadrati!
Mi sono piaciuti i tre progetti Leonardeschi, dovendoli far costruire a dei bambini , servirebbero anche degli schizzi e/o disegni quotati